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Ikat: fra riti e legature

17.04.2024

Il termine Ikat deriva dal termine indonesiano mengikat e significa annodare, legare. Con questa parola non si intende solo un tipo di tessuto, ma anche la tecnica con cui si colorano i filati di cotone o seta che poi vengono tessuti.
Il motivo Ikat è presente in molte culture dell’Asia meridionale, sud orientale e centrale, ma lo troviamo in Giappone, in America centrale e meridionale ed anche in India dove in alcune zone è considerato un tessuto sacro.
I disegni di questi tessuti sono motivi religiosi e rituali tramandati di epoca in epoca. Nonostante nei secoli abbia perso il suo valore sacro oggi viene comunque considerato un tessuto prezioso sia per il disegno che per il filato con cui è realizzato.
Per quel che sappiamo, il tessuto ikat è arrivato in Europa attraverso la Via della Seta nel XVI secolo.

L’Ikat è il tessuto nazionale dell’Uzbekistan, ogni sposa uzbeka deve avere nel suo corredo i teli di “Khan-Atlas“, come gli uzbeki chiamano l’ikat in seta, che significa “raso di seta reale”, un tessuto lussuoso, morbidissimo al tatto, che brilla delicatamente alla luce. Gli Ikat più preziosi sono quelli appunto in seta, in cotone e seta, e soprattutto quelli di velluto in seta. Esistono anche in cotone e lino.
In Uzbekistan il tessuto è diventato una sorta di simbolo di prestigio nella cultura del Paese. Il nome locale dell’ikat è abr (che significa nuvola in persiano), perché i disegni ricordano nuvole leggere che fluttuano nel cielo e si riflettono nell’acqua di un fiume. Anche se l’India e l’Indonesia hanno una forte tradizione di tessitura Ikat, sono quelli dell’Uzbekistan a prendere piede nell’industria della moda e dell’arredamento.


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