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OTTO SECOLI DI RICAMI

08.08.2015

La storia del ricamo rivive nel mezzo dell’estate a Palazzo Madama a Torino fino al 16 novembre 2015. In mostra anche un eccezionale prestito: un abito baiadera di Gianfranco Ferré totalmente ricamato in cristalli Swarovski e canottiglie. Palazzo Madama offre al proprio al pubblico un nuovo percorso di conoscenza delle collezioni: esponendo nella sala Atelier una preziosa scelta di ricami.
Ricamo deriva dall’arabo raqm: segno. Disegnare ad ago è una pratica antichissima nel bacino del Mediterraneo e in Oriente e, dal medioevo, diffusa in tutta Europa. Si usano tutti i filati di origine vegetale o animale naturali o tinti, arricchiti da materiali preziosi, quali oro, argento, perle, coralli, o conterie in vetro, paillettes metalliche, in plastica o di gelatina.Palazzo Madama espone oltre sessanta pezzi della propria collezione, con una scelta che spazia dai ricami sacri medievali agli abiti danzanti degli anni Venti, vibranti di perline e conterie in vetro.
Sono rappresentati i ricami in seta e oro, con un prezioso san Cosma in or nué, i ricami in lino bianco dei monasteri svizzero tedeschi e quelli in lana colorata per i tessuti da arredo, particolari della zona di Zurigo e Sciaffusa nel Cinque-Seicento. Fiori e rocailles decorano con leggerezza i tessuti e gli accessori di abbigliamento settecenteschi: pettorine e borsette femminili, o i corpetti a trapunto, ma anche le marsine, i gilet, i copricapo da uomo.


Il ricamo è, nella storia, lavoro di uomini e donne: alla fine del XIII secolo a Parigi lavorano 200 mastri ricamatori, al 50% uomini e 50% donne. Nei secoli successivi, l’organizzazione corporativa dei mestieri affida agli uomini la titolarità delle botteghe, dove continuano a lavorare persone di entrambi i sessi. Oltre ai laboratori professionali, luoghi di produzione organizzata di ricami sono anche i monasteri femminili mentre, nel XVI secolo, il ricamo si diffonde come attività domestica, intrattenimento di nobildonne ed esercizio pratico ed educativo per le ragazze. Libri di modelli a stampa diffondono i disegni utilizzati per decorare tovaglie, biancheria, camicie. Palazzo Madama espone un oggetto assai raro: un quaderno manoscritto di disegni per ricami ad inchiostro e tempera, dedicato alla “mirabile matrona Marina Barbo” nel 1538. Assolutamente preziosa è anche la collezione di agorai, in smalto, avorio, microintaglio ligneo, dal XVII al XIX secolo: oggetti d’uso raffinatissimi compagni di lavoro di donne agiate. Ad illustrare l’antico uso di ‘imparar l’arte’ del ricamo, è presente in mostra una bella raccolta di imparaticci, noti anche come ‘samplers’, i riquadri di tela lavorati nei secoli dalle ragazzine per esercitarsi e raccogliere modelli di punti per ricamo e rammendo. L’imparaticcio più antico è firmato da Maria Teofine, che aveva 13 anni quando lo terminò nel 1617, ma gli stessi segni – l’alfabeto, i numeri, la croce, la chiave, i piccoli animali, i simboli della passione – si ritrovano nei lavori delle ragazze di due, tre secoli dopo.
Oggi, è il ricamo di alta moda che più dimostra la vitalità e potenzialità di quest’arte. I campioni di ricamo di Pino Grasso proposti per le creazioni dei grandi stilisti italiani aprono la prospettiva sul futuro, un alto artigianato che affonda saldamente le radici nella propria storia.

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